La vendetta delle fiere online: Frieze London e Frieze Masters 2020

Frieze London, insieme a Frieze Master, ha aperto i battenti la settimana scorsa e domani è già, o finalmente, pronta a richiuderli. O meglio, quello che ha realmente aperto sono state le iscrizioni online per le sue Viewing Room digitali con tanto di preview e VIP programme: visto il periodo era sicuramente l’unica opzione possibile, dato che l’ultima volta che quest’anno una fiera ha tentato di svolgersi in presenza è stata chiusa in anticipo (vedi l’ultima edizione del TEFAF di Maastricht).

Bisogna ammettere che in generale più che di viewing rooms si dovrebbe parlare di galleries, intese come gallerie di foto in sequenza, talvolta accompagnate da qualche video. Sicuramente non ci si poteva aspettare di poter rivivere la sensazione di camminare tra i corridoi e gli stand immersi tra voci e persone come si è sempre fatto, ma la speranza di poter apprezzare contenuti nuovi e diversi tramite il freddo schermo del pc c’è sempre.

Bisogna anche dire che alcune gallerie hanno sfruttato il vantaggio dei propri headquarter o delle proprie sedi distaccate proprio a Londra per poter offrire la possibilità di vedere le opere di persone ma con la sicurezza e il rispetto delle norme imposte. Certo, risulta più facile approfittarne nel momento in cui a Londra ci si vive: ciò è dimostrato dal fatto che questa Art Week ibrida ha creato comunque un engagement locale molto forte, soprattutto perchè stiamo parlando dei grandi nomi dell’arte che nella capitale hanno sede (Hauser & Wirth, Marian Goodman, White Cube, Gagosian fino a Lisson Gallery che ha addirittura aperto dei nuovi spazi, solo per fare qualche nome).

È sempre un po’ complicato sbilanciarsi in giudizi di merito su opere e allestimenti, e quest’anno ovviamente lo è ancora un po’ di più, perchè evidentemente manca l’esperienza della visione e dell’apprezzamento (o non apprezzamento) dal vivo, dell’allestimento, del giudizio sui solo show piuttosto che sui group show, che comunque sono stati entrambi scelti come modalità espositive.

A questo si aggiunge che si tratta di un’esperienza diversa in toto e in cui mancano proprio dei fattori esperienziali che la rendono tale, che vanno dallo scambio di battute al calice di vino. E chi il mondo dell’arte lo conosce, sa quanto questo valga.
Passando invece ai classici bilanci sulle vendite, in realtà non è che si possa definire Frieze un fallimento: e d’altronde come si potrebbe, nel momento in cui ci si trova davanti la rappresentanza delle più forti gallerie a livello internazionale (quindi non è da stupirsi che la già citata Hauser & Wirth abbia superato i 10 milioni nel primo giorno di fiera).

Per tirare le somme di questa edizione così diversa dalle altre in assoluto, ma così normale e inevitabile visto il periodo, si può dire che ci troviamo davanti a comunque un buon livello di successo probabilmente dovuto a un miglioramento e a un migliore sfruttamento delle tecnologie da lato dell’offerta, ma anche un adattamento e un desiderio di comprare – nonostante il periodo – dal lato della domanda.

Niente sostituirà però le relazioni e le interazioni personali, quindi possiamo tranquillizzare con abbastanza certezza chi si domanda se ci sarà un ritorno dell’offline o se il futuro delle tanto amate e da tante odiate fiere sarà online.

Photo courtesy of Frieze.com