Catalogare: tutti ne parlano ma nessuno lo fa

Nel biennio 2020-2021, le parole tecnologia e digitalizzazione sono state all’ordine del giorno, in tutti i campi. E l’improvvisa corsa, si è tradotta nel settore arte quasi in un fulmine a ciel sereno, accolto più o meno bene dai suoi player.

Il problema che si è tuttavia immediatamente manifestato è stato l’evidente assenza di una base pronta ad accogliere e a sostenere questa spinta propulsiva, sia a livello di mezzi che purtroppo talvolta anche di mentalità, poco aperte all’abbandono dell’analogico.

È necessario infatti introdurre un cambiamento nel modo in cui i mezzi digitali vengono visti e possono essere utilizzati: non sono nemici inaffrontabili, ma bisogna aprirsi alla possibilità di considerarli come qualcosa di utile, che porta a un miglioramento generalizzato.

In questo contesto, la problematica più trasversale ai diversi attori del mondo dell’arte riguarda quella che ad oggi dovrebbe essere considerata più che altro una commodity, ossia la catalogazione delle opere parte di una di collezione nel più ampio senso del termine, ad esempio museale o istituzionale, di una galleria o di un collezionista.

Come possiamo accomunare tutte queste raccolte di opere, pubbliche o private che siano? Perchè sono soggette ai medesimi problemi, e allo stesso potrebbero trarre i medesimi benefici se soggette a un nuovo tipo di gestione.

Il rischio più grande che corrono le opere se soggette a una una catalogazione che si limita al cartaceo o che non sfrutta al meglio le potenzialità del digitale, è una perdita di informazioni a cui si associa direttamente una diminuzione del valore delle opere stesse.

La documentazione relativa a un’opera, che comprende le sue certificazioni, la bibliografia e le pubblicazioni, i riferimenti a mostre ed esposizioni, e in generale tutte le informazioni che la riguardano sono infatti parte integrante della sua storia e della sua vita. Se organizzate in maniera precisa e puntuale nel tempo, sono in grado di assicurarne una gestione ottimale a tutto tondo.

Appoggiarsi a un software come SpeakART, che permette di avere a disposizione uno strumento di catalogazione in grado di ridurre sprechi di tempo e costi, si traduce in un guadagno in termini di efficienza tanto per le istituzioni quanto per i collezionisti.

Se è innegabile quanto i benefici di questa scelta vincano sugli oneri, l’unica difficoltà da affrontare è quindi una resistenza al cambiamento che una volta superata avrà come conseguenza un miglioramento generalizzato all’interno del sistema dell’arte.