Collezionisti privati e catalogazione: dimestichezza con i mezzi digitali

Nei confronti di ogni innovazione tecnologia, il dubbio è sempre l’immediata reazione dei primi utilizzatori e spesso anche dei successivi.
Questo perché una novità sconvolge il modo in cui si è abituati a fare le cose. La resistenza al cambiamento, la zona di confort è l’ostacolo da superare per arrivare a quel risultato.

Uno fra i numerosi esempi può appunto essere il rapporto tra il collezionista privato, e l’idea di gestire la sua collezione con l’utilizzo di un qualsiasi mezzo digitale.
E non stiamo parlando già di software e database. Talvolta il primo ostacolo da superare è proprio l’utilizzo di un computer.

Sono indubbiamente numerosi coloro che ad oggi si affidano ancora a una raccolta manuale di tutta la documentazione relativa al proprio patrimonio, un metodo classico ma probabilmente non così affidabile e fruttuoso per l’alta probabilità di perdita o deterioramento dei documenti nel corso del tempo.

Una percentuale sempre crescente di collezionisti, sta percorrendo la via del digitale, arrangiandosi con i mezzi a disposizione per avviare una catalogazione delle proprie opere più o meno completa e dettagliata.

Chi non ha ancora intrapreso questa strada sicuramente può essere stato bloccato da una mancata dimestichezza con mezzi informatici e tecnologici, come anche da una certa forma di sospetto e incertezza: sarà effettivamente utile investire del tempo per catalogare con attenzione tutto ciò che si possiede?

Anche se la risposta dovrebbe essere immediatamente un sì, forse i vantaggi non sono effettivamente sempre così evidenti: possedere un database completo di dettagli sulle opere, che permetta di legarvi documentazioni e certificati ad esse relativi, magari corredato di foto scattate con cura, aiuta il collezionista stesso ad avere sempre un’idea chiara di quanto e cosa possiede, ma gli offre inoltre la possibilità di poterlo comunicare a terzi, per qualsiasi motivazione, con facilità e immediatezza.

In questo panorama, mancava forse ciò che SpeakART si propone di offrire: avere a disposizione un mezzo che abbia in sé una modalità intuitiva per salvare nello stesso luogo tutto ciò che riguarda una collezione, dai dettagli che distinguono l’identità dei singoli pezzi, alla certificazione stessa delle opere, in formato digitale.

Questo insieme di informazioni viene unito indissolubilmente all’impronta digitale dell’opera d’arte, che crea una vera e propria carta d’identità digitale, utile a monitorare il suo stato di conservazione nel tempo ed anche a seguito di trasporti, esposizioni o spostamenti.

Il valore dell’opera viene salvaguardato nel tempo, le informazioni risultano sicure e ordinate, i dati vengono conservati,  Tutto questo produce, oltre ad un’economia nei tempi e nella gestione, un controllo sistematico del proprio patrimonio, una raccolta ottimizzata e semplice delle informazioni (sia per una futura gestione, sia per la vendita di asset) e conduce a passaggi generazionali riservati, lineari e senza perdite di valore alcuno.