Furto o happening attivista? Un programmatore australiano ha sottratto 15 terabyte di opere NFT per caricarle sul suo sito pirata

Geoffrey Huntley è un programmatore freelance che lavora per la Gitpod, una compagnia di sviluppatori, e vive in un van nella zona di Queensland nel nord dell’Australia.

 

Courtesy ghuntley.com

 

Una sua azione sul web che ha interessato migliaia di immagini NFT lo ha recentemente portato alla ribalta catapultandolo in una dimensione a metà tra cronaca e azione artistica.

Geoffrey ha infatti scaricato 15 terabyte di opere NFT sul suo sito pirata NFT Bay, realizzato traendo ispirazione dal ben noto portale svedese Pirate Bay che rende fruibile agli utenti un imponente archivio di film, videogiochi e musica protetti da copyright. Il risultato è che nel giro di poco tempo migliaia di immagini NFT, tra cui collezioni di opere d’arte come CryptoPunks, Bored Ape Yacht Club e Lazy Lions, si sono rese disponibili online. Geoffrey si è difeso dicendo che in realtà il materiale in questione è composto da immagini standard agilmente scaricabili da chiunque sia in grado di raccogliere informazioni sul web semplicemente tramite Google. Peccato che tali immagini siano appunto opere d’arte digitale legate a NFT, cioè certificati di autenticità registrati su blockchain.

 

Geoffrey Huntley – Courtesy Exibart

 

E’ chiaro come Huntley sia del tutto consapevole della portata della sua operazione che, tecnicamente, si configura come un reato per furto di beni artistici. Ciò che è certo è che questa vicenda ha sollevato il velo sui possibili risvolti legali di un mondo, quello degli NFT, in velocissima espansione e di grande tendenza, soprattutto in questi ultimi anni.

Se l’attivismo a discapito dell’arte digitale di Huntley è ben noto, a quanto pare la presenza di una legislazione ad hoc che possa trattare casi di questo tipo non sembra essere ancora pronta o perlomeno applicabile sul piano pratico.

 

Cryptopunks – Courtesy Exibart

 

Una provocazione dal sapore situazionista, quella di Huntley, che fa riflettere in realtà su quanto tempo ancora il panorama NFT potrebbe essere distaccato dal sistema di gestione tipico del mercato dell’arte per così dire offline, basato su dinamiche operative ufficiali legate ai diritti di proprietà e all’identità.