Archeologia e tecnologie 3D: nuova luce su una pratica funeraria romana

Nelle scorse settimane gli archeologi dell’Università di York sono ricorsi all’uso di scanner 3D per lo studio di una pratica di sepoltura romana molto particolare: per motivi ancora ignoti, talvolta gli antichi usavano versare gesso liquido sui corpi prima di seppellirli, creando un impronta indelebile del loro vestiario e posizione. Ciò ha permesso agli studiosi di analizzare al meglio il sudario, il vestiario e le calzature, tutti elementi solitamente deperibili e quindi raramente sopravvissuti all’interno di tombe romane. 

Un ricercatore mentre scannerizza la sepoltura in gesso
Courtesy University of York

Questo tipo di sepoltura si pensa possa essere associata a personaggi di alto rango e, sebbene sia stata riscontrata in regioni geografiche molto diverse, risulta principalmente diffusa nell’area britannica. In particolare, lo Yorkshire Museum possiede sedici tombe in gesso, la più vasta ed importante collezione su suolo inglese. Per questo motivo lo York Museum Trust, in collaborazione con la University of York e Heritage 360, ha deciso di intraprendere studi approfonditi su questi particolarissimi reperti.

Per l’analisi è stata scelta una sepoltura ancora più particolare, dove tre individui, presumibilmente due adulti e un bambino facenti parte della stessa famiglia, sono stati tumulati assieme. È qui che entra in gioco la tecnologia 3D: “la sagoma dei tre copri è visibile ad occhio nudo, ma risulta molto difficile distinguere la relazione tra i corpi e riconoscere come fossero vestiti” ha affermato Maureen Carroll, presidente del dipartimento di archeologia romana alla University of York. “I modelli 3D risultanti dalle scannerizzazioni chiariscono queste ambiguità in modo sbalorditivo”. 

Il risultato della scansione 3D sulla sepoltura in gesso
Courtesy University of York

I render rivelano per la prima volta i dettagli struggenti di questa tragedia famigliare avvenuta quasi 1500 anni fa, come i lacci usati per fissare il sudario sulla testa di uno degli adulti e le fasce di tessuto usate per avvolgere il neonato. Questi ci ricordano “non solo la fragilità della vita nell’antichità, ma anche la cura con cui venivano seppelliti i defunti”. L’esempio di York dimostra le potenzialità delle tecnologie di scanning 3D di offrire una finestra unica sugli avvenimenti del passato, rivelandosi sempre più essenziali nel futuro della ricerca archeologica e storico-artistica.