C’è Frankenstein negli umanoidi di Patricia Piccinini

“Siete un folle, Victor Frankenstein di Ginevra! Come potevate immaginare quel che avreste liberato! Come l’avete messo insieme? Con pezzi di ladri, pezzi di assassini? Il male cucito al male, cucito al male, cucito al male! Credete veramente che questa cosa vi sarà grata della sua mostruosa nascita?(…)”

Così parlava il Professor Krempe rivolgendosi a Victor nel capolavoro del 1816 della scrittrice inglese Mary Shelley, Frankenstein.

Il romanzo, a metà tra horror e fantascienza, ha ispirato intere generazioni di lettori tra i quali anche Patricia Piccinini: artista australiana, classe 1965, di origini italiane ma nata in Sierra Leone, dopo gli studi in economia si laurea in Belle Arti presso il Victorian College of the Arts di Melbourne e inizia la sua carriera che la vedrà dedicarsi a vari media tra cui stampa digitale, video e scultura.

Ma torniamo a Frankenstein. L’artista ha definito questo romanzo come uno dei suoi preferiti e, guardando le sue opere, si intuisce facilmente il perché.

Patricia Piccinini mette al centro della sua arte la diversità, quella stessa diversità che ha sperimentato sulla propria pelle tanto da dichiarare, in un’intervista a Rosi Braidotti – filosofia italiana emigrata in Australia – che “(…) le mie figure sono metafore per i diseredati o gli esclusi”.

Le relazioni tra esseri umani e non, la biologia, il DNA, la clonazione, la maternità surrogata, l’ inseminazione artificiale, sono questi alcuni dei temi prediletti dall’artista australiana che sarà in mostra al Kunsthalle Krems (Austria) dal 27 Marzo fino al 3 Ottobre.

 

L’artista Patricia Piccinini con una sua opera – Courtesy di NuvoMagazine

 

Le opere sono umanoidi ibridi, risultato dell’incrocio tra uomo e animale.

È la scienza, infatti, che ispira l’artista e che ha dato inizio a quella riflessione secondo cui il codice genetico proprio dell’uomo, inteso come specie, è in gran parte condiviso con altri esseri viventi, gli animali su tutti.

Anche nei materiali si ritrova la diversità propria dell’artista, dal silicone che permette il plasticismo delle forme e di conseguenza il loro estremo realismo fino alla plastica, il vetroresina e i capelli ( si, veri ).

 

Teenage metamorphosis , 2017, silicone, vetroresina, capelli umani, oggetti trovati cm 137x25x75

 

Trovarsi davanti a questo genere di opere potrebbe, in un primo momento, risultare fastidioso poiché non è un qualcosa di comune agli occhi ma, una volta interiorizzata e compresa, diventa affascinante e magnetica.

Quest’arte ha la straordinaria capacità di rendere il suo pubblico cosciente e ben predisposto nei confronti del “diverso”.