Il testamento di Keith Haring

Keith Haring muore nel 1990, a soli 31 anni, dopo cinque anni dal momento in cui aveva scoperto di aver contratto l’AIDS. Poco prima dell’improvviso fatto, istituisce lui stesso la Keith Haring Foundation per preservare la sua produzione artistica ma anche l’attività filantropica a favore dell’assistenza dei bambini, oltre che della prevenzione e cura dell’AIDS. Risale invece al 1990 la realizzazione di quella che sarà la sua ultima opera, The Life of Christ, un unicum all’interno della sua attività: si tratta infatti di una vera e propria pala d’altare in bronzo, ricoperta da una foglia d’oro bianco.

Keith Haring, The life of Christ – AIDS Interfaith Chapel, Grace Cathedral, San Francisco

La testimonianza dell’amico, e a sua volta artista, Sam Havadtoy racconta nei dettagli la genesi di quest’opera: i due stanno decorando il nuovo appartamento di Haring a Manhattan, e dopo aver ricoperto l’esistente caminetto in gesso Havadtoy gli propone di disegnarci sopra. Haring adora l’idea, il gesso diventa come una tela tridimensionale, tanto da decidere di creare altri lavori ripetendo quella modalità su altri oggetti realizzati con calchi di creta fresca, tra cui proprio un trittico riconducibile alle icone russe. Keith inizia a lavorarci sopra con una spatola, senza pensarci e senza interruzioni: per la prima volta realizza delle scene chiaramente religiose, ispirate alla vita di Cristo. Nel pannello centrale c’è un Gesù Bambino, tra le (numerose) braccia di Dio che scendono verso una folla agitata; simbolici sono un cuore, la croce, e un sole nascente, nei pannelli laterali si vedono diversi angeli.

Grace Cathedral, San Francisco

Dei nove esemplari fusi dopo la sua morte partendo dal disegno su argilla, uno è collocata all’interno della Grace Cathedral di San Francisco, proprio all’interno dell’AIDS Interfaith Chapel: la cappella è solo un memoriale per i defunti a causa della malattia e per i volontari che per essa combattono, ma si vuole configurare come un luogo “inter-religioso”, in cui sono compresenti i simboli di tutte le religioni. Benché l’edificio sia una chiesa episcopale, quest’idea di inclusività non è limitata in realtà alla sola cappella, perchè tutta la cattedrale dimostra un senso di apertura oltre la religione anche in altri aspetti della decorazione, come le vetrate che raffigurano personaggi come Einstein o Roosevelt, o gli affreschi che riportano scene storiche.

Albert Einstein, Grace Cathedral, San Francisco

 

Ma tornando un attimo ad Haring, appena conclusa la sua opera, lui stesso stesso commenterà: “Diavolo, questa si che è roba forte”. Realizzata con così tanta spontaneità e libertà diventa quindi testamento e anche manifesto del suo pensiero, secondo cui l’arte “dovrebbe invece essere qualcosa che libera l’anima, favorisce l’immaginazione ed incoraggia la gente ad andare avanti”.