In dialogo con Renato Pengo: “Ci hanno rubato la possibilità di vibrare”

Prosegue per SpeakArt il  progetto di catalogazione e digitalizzazione delle opere dell’artista padovano Renato Pengo. 

Il nostro lavoro nello studio dell’artista ci ha permesso di entrare in uno spazio tra il pubblico e il privato, in cui non solo si respira l’arte, ma per alcuni istanti ci si immerge pienamente nella sua vita. 

Abbiamo così  la possibilità di osservare le sue opere e conoscere i suoi pensieri, tanto covati quanto espressi.

 

 

Circondati dalla vasta produzione di Pengo, tra le montagne di libri dall’ “Elogio alla Follia” di Erasmo da Rotterdam all’ “Estetica del vuoto” di Pasqualotto, e le note del compositore giapponese Takemitsu, cattura l’attenzione un quadro in particolare, appeso ad una parete dello studio. 

Il dipinto raffigura un grande cervello, messo in risalto dallo sfondo nero, con la scritta blu “non siamo più esseri umani”. Una frase diretta, disillusa, critica ed estremamente attuale. Un manifesto. 

Parole create direttamente dal tubo del colore, che lui descrive come “la materia che viene fuori da una sorta di eiaculazione del colore”.

 

 

Esposta alla Quadriennale di Roma nel 1975, l’opera porta con sé una tecnica e un messaggio visionario. Grazie ad una risonanza magnetica prestata da un amico medico, Pengo è riuscito a riprodurre abilmente le fattezze della materia grigia. 

Il senso del discorso “non siamo più esseri umani” comincia infatti proprio dal cervello. Già negli anni ‘70 egli si accorse, grazie alla ricerca di senso che sempre ha contraddistinto le sue riflessioni, che i cittadini stavano iniziando ad essere bombardati di informazioni, le quali rischiavano di plagiare le loro decisioni e i loro gusti. 

Nella visione dell’artista, il compito intrinseco del cervello di comandare il nostro corpo e la nostra mente è svolto da qualcun altro: dal potere politico e commerciale. 

 

 

È in questo modo che diventiamo tutti “un popolo di informatissimi idioti”, come si legge su una lavagnetta nello studio del Maestro, che cita a sua volta Franco Ferranotti. 

Dalla biografia di Pengo si capisce come sin dall’età di 15 anni egli sentisse l’esigenza intellettuale di emanciparsi dal pensiero dominante. L’artista afferma, infatti, che riempiendoci la testa di tante informazioni futili ci hanno rubato ciò che più caratterizza l’essere umano: il pensiero. 

Renato Pengo si spinge cosi verso la rinuncia alla comodità e alla velocità del mondo odierno, sottolineando l’importanza del rallentare, del sentire, del far vibrare nuovamente l’energia della nostra materia grigia.