Intervista all’artista Ghizlane Sahli

È un piacere avere con noi Ghizlane Sahli, artista marocchina che nasce a Meknes nel 1973 mentre oggi vive e lavora a Marrakech, per approfondire il suo percorso, indagare la sua produzione, scoprire la sua visione del contesto artistico africano.

Le sue opere permettono ai materiali utilizzati di trasformarsi, sublimandosi e assumendo significato in creazioni che uniscono le relazioni tra spazio e volume, la passione per il ricamo in un processo pienamente spirituale.

 

Credits: Cédrick-Isham
Courtesy: Ghizlane Sahly

 

SpeakART: Hai iniziato il tuo percorso creativo dedicandoti ai tessuti e al ricamo: come sono nati questa passione e questo interesse?
Ghizlane Sahli: inizialmente ho studiato architettura a Parigi. Poi ho avuto i miei figli. Quando sono tornata in Marocco, erano molto piccoli. Sono sempre stata innamorata di ricami e tessuti. Quindi ho deciso di aprire un atelier di ricamo e ho creato un nuovo marchio di abbigliamento couture per bambini totalmente fatto a mano. Eravamo circa 15 artigiani nell’atelier, usavamo tecniche marocchine tradizionali e ancestrali per creare abiti contemporanei.

SpeakART: Come decidi di concentrarti su una creazione più propriamente artistica?
Ghizlane Sahli: Anche se ero molto interessata al ricamo, non ho mai sentito di essere al posto giusto. Non volevo essere una stilista. È durato 7 anni. Ed è stato un insegnamento straordinario per me. Essere un’artista è sempre stata la cosa più bella del mondo secondo me. Non mi sono mai permessa di sognarlo, pensando che fosse così inaccessibile. Ma poi la vita mi ha messo in quel mondo. Mi sentivo davvero connessa con me stessa, e finalmente ero dove sono sempre appartenuta!

 

Ghizlane Sahli, MOM013, 2020
Credits: David Bloch Gallery
Courtesy: Ghizlane Shali

 

SpeakART: Quali sono le tue fonti di ispirazione?
Ghizlane Sahli: Tutto è fonte di ispirazione. Può essere il gusto di un buon pasto, una conversazione con i miei bambini, una persona per strada, una mostra, un dipinto, una musica, una fotografia o un libro. Voglio provare a descrivere un sentimento, un’emozione tramite il mio lavoro. Utilizzo sopratutto metafore con la natura per descrivere quelle emozioni…

SpeakART: Le tue opere possono essere classificate in bassorilievi, sculture o volumi, disegni: puoi dirci qualcosa di più sulla relazione tra questi diversi risultati?
Ghizlane Sahli: Non ci sono relazioni su questi risultati, tranne che per me sono differenti modi per esprimere le mie ricerche su un soggetto.

 

Ghizlane Sahli, MOM014, 2020
Credits: David Bloch Gallery
Courtesy: Ghizlane Shali

 

SpeakART: Il riciclo e il riutilizzo sono fortemente alla base della tua produzione, visto che utilizzi spesso plastica e rifiuti (ad esempio bottiglie): quali riflessioni vorresti suscitare richiamando l’attenzione sulle tematiche ambientali?
Ghizlane Sahli: Nel mio lavoro la relazione con i rifiuti è più spirituale che ambientale. La spazzatura è davvero universale. Ogni società produce rifiuti. Questi sono gli scarti della società. Quando li utilizzo, ho sempre la sensazione che ogni oggetto avesse un’anima e una vita precedente e quando li trasformo usando la seta, ogni “alveolo” porta la sua energia, e l’accumulo di tutte le differenti energie diventa l’opera con una sua propria emozione ed energia. Per non parlare del processo di creazione che è a sua volta molto spirituale. I differenti passaggi di raccolta, lavaggio, taglio, ricamo … per realizzare le opere sono tutti molto meditativi. Lo stesso gesto è ripetuto molte, molte volte senza intellettualità. Diventa come una trance.

SpeakART: Possiamo dire che gli “Alveoli” sono la tua forma distintiva: cosa rappresentano per te e per le persone che ammirano i tuoi lavori?
Ghizlane Sahli: Posso dire cosa gli alveoli rappresentano per me, ma non cosa rappresentano per le persone che li guardano. Gli alveoli sono per me l’unità del mio lavoro. Sono realizzati con rifiuti di plastica ricoperti principalmente di seta. Ogni opera è composta da centinaia di alveoli. Sono come le cellule che creano il materiale. Si accumulano e crescono in una maniera molto organica. Per prima cosa scolpisco una forma fatta di una rete metallica dove attacco gli alveoli. Questa forma è la matrice dell’opera d’arte. È come uno scheletro.

 

Ghizlane Sahli, MOMS002, 2020
Credits: David Bloch Gallery
Courtesy: Ghizlane Sahli

 

SpeakART: Puoi dirci qualcosa riguardo il collettivo Zbel Manifesto e il tuoi contributo al suo interno?
Ghizlane Sahli: Zbel Manifesto è un collettivo di tre persone. Katia Sahli, mia sorella, un avvocato; Othman Zine, un fotografo e regista; e me. Il nostro fine è creare installazioni fatte di rifiuti. Facciamo osservazioni. Non diamo lezioni. Ci limitiamo a porre questioni sul mondo in cui stiamo vivendo.

SpeakART: Come riassumeresti la tua visione artistica in una sorta di statement?
Ghizlane Sahli: Direi che ricamo, scolpisco e disegno. Racconto la storia di un viaggio interiore e organico, trasportato da una dimensione universale. Gioco con materiali, scale e volumi, usando fili (di seta, lana, plastica o metallo) per tessere e celebrare i soggetti che mi stimolano: il corpo umano, in generale, e il corpo femminile nella sua intimità… di solito utilizzo metafore con la natura per esprimere quell’interiorità e le emozioni. Pura emozione, depurata da ogni contributo religioso, sociale, educativo o generico. Infine mi diverto molto a trasformare il materiale, esaltarlo e dargli un significato.

 

Ghizlane Sahli, Histoires de tripes
Credits: Victoria and Albert Museum
Courtesy: Ghizlane Sahli

 

SpeakART: Come consideri il contesto artistico marocchino?
Ghizlane Sahli: L’ambiente artistico del Marocco è molto ricco. È cresciuto molto in questi ultimi 20 anni. La scena giovanile è molto creativa.

SpeakART: Sei rappresentata da David Bloch Gallery in Marrakesh, ma anche da diverse gallerie europee (Primo Marella Gallery – Milano, Sulger Buel Gallery – Londra, Sakhile&Me – Francoforte): come percepisci la ricezione dell’arte contemporanea africana nel mercato europeo?
Ghizlane Sahli: negli ultimi anni, ci sono state specialmente alcune fiere come 1.54 a Londra, New York e Marrakech, AKAA a Parigi. Tutti questi nuovi musei che hanno aperto in Africa, Macaal in Marrakech, Zeit Moca a Johannesburg, Le Palais de Lomé in Lomé… tutte queste biennali all’interno del continente (Lagos, Bamako, Ouagadogou,Kinshasa, Casablanca, Marrakech…). Ci sono anche molte case d’asta interessate ad artisti africani. In questo modo, la scena africana è molto presente in Europa e altrove. Il continente africano è luogo molto ricco e multiculturale. Gli artisti hanno molto da dire, sulla loro storia, sulla loro identità, sulle loro memorie e sulla loro cultura.