Quando la luce diventa esperienza: James Turrell

L’artista americano James Turrell fa della luce la sua principale modalità d’espressione, liberandola  dai supporti e facendone un’opera d’arte. 

Nato e cresciuto in California da una famiglia della setta calvinista quacchera, porta con sé per tutto il suo percorso i fondamenti di questa religione: avversa ad ogni tipo di rappresentazione, professa la ricerca della luce interiore, cioè la verità, nello spirito santo. 
E così Turrell lavora da mezzo secolo con le fonti luminose, non avvalendosi mai di immagini figurative, ma ricercando la visione interiore come rivelazione e  divenendo poi uno dei maggiori esponenti del movimento artistico Light and Space. 

James Turrell – Credits: meer Arte

Studiando i processi psicologici della percezione visiva, cioè come  l’occhio e il cervello processano lo stimolo luminoso, trova così il modo di creare effetti di bidimensionalità e tridimensionalità utilizzando la luce e superfici specifiche.  

Grazie al programma Art & Technology, istituito dal Los Angeles County Museum, l’artista riesce a condurre degli esperimenti sui campi percettivi e sulla deprivazione sensoriale, dando così la spinta determinante al suo lavoro. 
Sulla base di questi studi, infatti, crea delle istallazioni utilizzando l’effetto Ganzfeld: in psicologia, con questo termine, si indica la perdita totale di percezione della profondità. 

James Turrell, Encounter (2015) – Courtesy: Moritz Bernoully / Copyright James Turrell – Credits: Architectural Digest

Nell’arte di James Turrell questo fenomeno viene usato per provocare una sorta di stato allucinatorio negli osservatori, attraverso una stimolazione diretta della luce che accieca temporaneamente la vista. 
L’artista definisce questo stato riflessivo come “seeing yourself seeing – vedere sé stessi nell’atto di vedere”.
Alcune delle istallazioni site-specific in cui Turrell ha utilizzato l’effetto Ganzfeld sono, ad esempio le “Single Wall Projections” e le “Mendota stoppages” create tra gli anni ’60 e gli anni ’70. 

Uno dei lavori più strabilianti dell’artista è però il Roden Crater. 
Turrell ha acquisito il cratere Roden, situato nel deserto dell’Arizona, nel 1977 e ne ha fatto un accesso alla contemplazione della luce, del cielo e dello spazio. 
Ha infatti lavorato all’interno del cratere vulcanico, senza invadere il paesaggio naturale esterno, ma creando tunnel e aperture che si aprono sui cieli incontaminati, catturando la luce naturale: la luce del sole di giorno e la luce delle stelle e della luna di notte. 

James Turrell, Roden Crater – Courtesy: Steve Jurvetson – Credits: flickr

Raggiunge così il punto di congiunzione più alto nella sperimentazione della ricerca di sé tramite lo sguardo sul mondo, ottenendo una perfetta alchimia di spazio e luce fra la terra e il cielo.